Fenice

Scheda opera

Fenice · codice opera AW23

Dati tecnici

anno2023
data di acquistoacquisito in portafoglio
valore corrente stimato in €consultare la Tabella Prezzi aggiornata
identificazione del soggettodipinto astratto/opera ricostruttivista
materiali e tecnicheolio su tela/tecnica mista/opera materica
misure in centimetri cm80 x 60 x 1,8
iscrizionifirma autografa
tecnica di iscrizioneolio
posizione dell’iscrizionesul retro/in basso/a destra
trascrizioneValvo
certificato di autenticitàemesso contestualmente alla vendita
multipli d’artenessuna stampa emessa
stato di conservazioneopera intatta
localizzazione dell’operaRoma · Italia
diritto d’autore© tutti i diritti riservati · globale · S.I.A.E.

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Raisuli Oimar Tancredi Valvo · Fenice · 2023 · Picture 0 · © All rights reserved S.I.A.E.
Fenice · codice opera AW23

Descrizione opera

Fenice

“Post fata resurgo”.
“Dopo la morte, torno ad alzarmi”.
Il motto della fenice.
Gli egizi furono i primi a parlare del Bennu, creatura che, nelle leggende greche, divenne poi la fenice, raffigurandola solitamente con la corona Atèf, o con l’emblema del disco solare.
Come l’airone, che spiccando il volo sembrava mimare il sorgere del sole dall’acqua, la Fenice venne associata col sole e rappresentava il bà (“l’anima”) del dio del sole, Ra, di cui era l’emblema. Tanto che, nel tardo periodo gero glifico del Bènnu, veniva impiegata per rappresentare direttamente Ra.
Non solo.
La manifestazione dell’Osiride risorto.
Cristo. Intorno al quarto secolo.
La rinascita spirituale.
Erodoto, affermò di non averne mai vista una, se non dipinta.
Al giorno d’oggi sopravvive il modo di dire: “essere una fenice”, per indicare qualcosa di cui non si conosce l’uguale. Introvabile. Un esemplare unico e, soprattutto, inafferrabile, secondo il ben noto detto di Metastasio.

“È la fede degli amanti,
come l’araba Fenice,
che vi sia ciascun lo dice,
dove sia nessun lo sa.”

In quest’opera, quasi monocroma, dai forti contrasti e dal fondo nero opaco, è possibile rintracciare innumerevoli elementi tipici della cifra stilistica dell’artista, nonché gran parte dei meccanismi tipici dell’opera ricostruttivista in quanto tale. Il forte simbolismo, onnipresente in Valvo, è tuttavia proposto, in “Fenice“, con insoliti aneliti ad una tendente e quanto mai inattesa obliquità, per lo più assente nelle altre opere del medesimo autore. Un magnetismo di campiture cromatiche circoscritte, linee, serpentine e forme irregolari, solo apparentemente caotiche. È infatti la fenice stessa, l’immagine mitica, a presentarsi sullo sfondo, ben centrata e ad ali spiegate. Ancora una volta, un elemento fortemente figurativo e pressoché inesistente negli altri dipinti del Valvo. Nella parte superiore sinistra della tela, l’immagine stilizzata di un secondo volatile, adagiato su fondo materico, nero su nero con lo sfondo, simboleggiante probabilmente la sepoltura della fenice padre, come da narrazione mitologica. Il diffondersi dinamico delle moltéplici linearità è assonante con la profusione di aromi, dei quali la fenice si cosparge prima di incenerirsi per poi risorgere a nuova vita. È rintracciabile simbolismo di tipo paleocristiano, soprattutto nella ricorrenza della lettera “P”, rovesciata o in orizzontale, arrotolata su se stessa o, comunque, distorta. E nella fenice stessa, del resto simbolo del Cristo. Il cerchio sta qui a rappresentare la ricorrenza del disco solare, secondo la visione egizia del mito. In bianco. In grigio. In nero. Sovrapposto. Quadrature materiche, tipiche dell’autore, fanno la loro comparsa in bianco, nella parte inferiore sinistra della tela. Striature materiche nere sono a completamento, nella parte superiore, della campitura nera a sostrato della fenice padre defunta. Quasi a sottolinearne una dinamicità implicita, l’uscita di campo, in direzione sinistra, a significare prossima ed imminente fase di rigenerazione e conseguente rinascita. Quadrature piatte e vuote, aperte o chiuse, bianche, nere o grigie, si diffondono in tutto lo spazio pittorico, caratterizzandone il colpo d’occhio iniziale. Campiture quadrangolari sfumate, in bianco e in grigio, dominano nella fascia centrale e nella parte inferiore sinistra. La serpe, timbro stilistico dell’autore, sgorga in bianco dal collo della fenice di fondo. È anche accennata sul contorno destro della tela. La policromia in senso stretto, del tutto assente in quest’opera, suggerisce la fase liminale dell’esistenza del soggetto trattato. Esso non è qui pertanto rappresentato nella sua intrinseca fase di rinascita, bensì di combustione e morte. Del resto le tonalità cenerine di quest’opera riportano all’immagine dell’airone. Uccello con il quale la fenice veniva già rappresentata dagli antichi egizi, in concomitanza con la figura del passero. L’impatto visivo delle angolarità, dei vuoti, dei pieni, delle linee e delle serpentine, è attenuato in quest’opera dall’assenza di colore. Una scelta stilistica ben determinata. La fenice si erge pronta per rinascere ma lo spazio è decisamente tetro. Forse una sorta di escapologia dalle linee guida del mito stesso? O forse, al contrario, la pedissequa accondiscendenza ad esso? Facendo in tal modo presagire, dal nero stesso, l’imminente scintilla combustiva. Un dinamismo, dunque, non solo grafico ma anche temporale in senso stretto. L’opera, non è raffigurazione di un istante ma di un processo, anche solo sottinteso. Il dipinto appare ai nostri occhi nella sua compiutezza. Allo stesso tempo si protende in avanti. La rappresentazione innegabilmente figurativa della fenice di fondo è onomatopeica della nascita stessa dello sforzo ricostruttivista. Quasi un manifesto artistico. Qui la figura esiste. Qui la figura muore. E rinasce. In senso ricostruttivo.

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