L’Odore dei Frantoi

Scheda opera

L’Odore dei Frantoi · codice opera 639E

Dati tecnici

anno2023
data di acquistoacquisito in portafoglio
valore corrente stimato in €consultare la Tabella Prezzi aggiornata
identificazione del soggettodipinto astratto/opera ricostruttivista
materiali e tecnicheolio su tela/tecnica mista/opera materica
misure in centimetri cm100 x 80 x 1,8
iscrizionifirma autografa
tecnica di iscrizioneolio
posizione dell’iscrizionesul retro/in basso/a destra
trascrizioneValvo
certificato di autenticitàemesso contestualmente alla vendita
multipli d’artenessuna stampa emessa
stato di conservazioneopera intatta
localizzazione dell’operaRoma · Italia
diritto d’autore© tutti i diritti riservati · globale · S.I.A.E.

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Raisuli Oimar Tancredi Valvo · L'odore dei Frantoi · 2023 · Picture 0 · © All rights reserved S.I.A.E.
L’Odore dei Frantoi · codice opera 639E

Descrizione opera

L’Odore dei Frantoi

Olive verdi, olive nere, ulivi e frantoi. La terra, i campi di uliveti, il lavoro dell’uomo, la fatica. La pietra, la gioia, il sole, il calore, i cesti di paglia. La foglia di ulivo, i rami di ulivo.
Tra sacro e profano, la rappresentazione di quest’albero, del suo frutto e dello sforzo umano ad esso correlato viaggia all’interno della storia dell’arte dagli albori fino ai nostri giorni.
Impossibile non citare, a tal proposito: “Annunciazione tra i Santi Ansano e Margherita”, 1333, di Simone Martini e Lippo Lemmi, Galleria degli Uffizi – Firenze. O ancora, andando più a ritroso: Anfora da Vulci, 500 a.C., British Museum – Londra. Lo stesso Sandro Botticelli dedica la sua attenzione a questo tema in: “L’orazione nell’orto”, 1490-93, Museo de los Reyes Catolicos – Granada. Gli uliveti sono, del resto, di grande ispirazione anche per Vincent van Gogh in molte delle sue opere.
In questo lavoro del 2023 Valvo circoscrive la nota olfattiva di base all’interno di una struttura compositiva a densità variabile. Vi è infatti, strutturalmente parlando, un’alternanza tra compressione e rarefazione nella densità della mappatura pittorica. La trama costruttiva è massivamente concentrata nel quarto inferiore sinistro della tela, fino all’angolo estremo. È da questo punto che l’opera trova, per così dire, il suo innesco, liberando energia compressa in senso diagonale ed ascendente. Il rilascio di tali energie produce una rarefazione della mappatura espressiva e va ad occupare l’intera area compresa tra il vertice inferiore sinistro e quello superiore destro. L’opera, pertanto, “esplode” narrativamente in senso macroscopico e dilatato rispetto al punto di origine delle spinte, fino alla sua capitolazione e naturale conclusione nell’angolo superiore destro, ove compare, sotto forma prettamente cromatica, il frutto del lavoro: sono le tonalità dell’olio estratto dopo la macinatura. Tali cromie sono inscindibilmente mescolate ad una tecnica fortemente materica, espressa appunto al massimo livello proprio nei due vertici chiave della tela: l’inferiore sinistro ed il superiore destro. In quest’ultimo pare quasi di poter toccare con gli occhi la consistenza della pasta di lavorazione. Di contro, nel primo, appare materialmente il frutto vergine in quanto tale. La direzione di lettura di questo lavoro è, pertanto, obliqua ed ascendente, da sinistra verso destra e dal basso verso l’alto.
Dalla raccolta nei campi, si direbbe, fino al prodotto finale. Un iter fatto di uomini e donne, di sudore e sacrificio.
La diegesi, in questo caso, è tutt’altro che criptica. Dal frutto primigenio, esemplificato mediante una pluralità di accezioni, vi è poi espansione solare. Le tonalità giallastre invadono la quasi totalità del corpo dell’opera, suggerendo un flusso continuo di crescita e maturazione. Sono i colori dei campi coltivati, i colori delle terre italiane. A questi vengono intercalati simbolismi grafici e traiettorie geometriche ad intreccio. L’opera è poli-dimensionale. Densamente stratificata. La luminosità che pervade il lavoro è a tratti sfumata: ciò produce una sorta di “annebbiamento” che smorza l’incisività dei tratti pittorici dominanti, verso una distensione logico-strutturale che trova il suo acme nella parte conclusiva del dipinto. È qui, infatti, che tutto è ormai compiuto.

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